Complice la perseveranza della Rete delle Lotte Ambientali Bolognesi, che in questi giorni ha tenuto un piede nello stipite della porta annunciando nuove mobilitazioni, si è tornati a parlare del ‘Passante di Mezzo’ non come un’opera ‘neutra’, ma come una scelta sulla quale si gioca un pezzo importante del futuro della nostra città.
La posizione espressa dal sindaco Matteo Lepore e dalla sua Giunta Comunale evidenzia l’incoerenza di una scelta che fa a pugni con tutti gli annunci e gli impegni sulla transizione climatica. Dichiarare che il nuovo asfalto è la condizione necessaria per piantare 60 mila alberi e installare i pannelli fotovoltaici, infatti, significa confermare il paradigma per il quale prima vengono i danni ambientali, e poi le compensazioni. In questo senso, la tanto sbandierata ‘inversione di tendenza’ si riduce a un cambio di aggettivi con i quali addobbare il nome della grande opera: così, il passante diventa ‘green’, ‘di nuova generazione’, fino ad assumere il ruolo rivendicato da Matteo Lepore di “opera simbolo nazionale della transizione energetica”.
Al di là degli impatti, che sono innegabili – tanto che anche coloro che si accingono ad approvarlo parlano di ‘mitigazioni’ e ‘compensazioni’ – esiste una grande questione simbolica, alla quale chi crede nella transizione climatica non può rinunciare: come dimostrano le recenti scelte (che speriamo verranno confermate) dell’Austria, riconoscere la crisi climatica significa mettere radicalmente in discussione progetti e infrastrutture che prima si ritenevano irrinunciabili. Confermarle, significa mettere comunque al primo posto lo status quo economico e sociale, nel quale l’urgenza non è affrontare la crisi climatica, ma trovare il modo per non mettere in discussione rendite di posizione ormai assodate.
Ancor meno vale l’argomentazione – pure avanzata dal Sindaco Lepore – che tanto il passante c’è già e produce il 40% dell’inquinamento bolognese. Non solo perché l’affermazione è drammaticamente vera, e la soluzione va ricercata nella riduzione del traffico che transita sull’infrastruttura e non nel suo potenziamento; ma anche e soprattutto perché, nella crisi climatica, tutto ciò che l’ha prodotta e la può peggiorare “c’è già”. Ci sono già i combustibili fossili, che pure alcune multinazionali vorrebbero ora proporci ‘di nuova generazione’: qualcuno potrebbe affermare che non è più necessario bandirli; ci sono, distanti poche centinaia di chilometri dalle due Torri, appena al di là dei confini nazionali, le centrali nucleari: perché non costruirne una nella periferia bolognese, allora? Ci sono, in mezzo mondo, le centrali a carbone: visto che l’energia costa tanto, e visto che gli altri bruciano carbone, perché non farlo pure noi? E così via, potremmo spendere pagine e pagine in un infinito elenco di cosa “c’è già”.
Insomma, la retorica del ‘tanto vale’ è meglio che ve la teniate per voi. Diteci, chiaramente, che ci sono forze che non intendono rinunciare ai due miliardi di euro che sono sul tavolo; che la lobby dell’automobile in Italia non ha alcuna intenzione di mollare la presa, e che voi non siete in grado di imporre una visione di città e di Paese diversa da questa. Perché rinunciare all’allargamento del Passante di Mezzo significa esattamente questo: costruire una visione alternativa, nella quale gli investimenti pubblici vanno tutti nella mobilità collettiva e dolce, mentre ad auto e mezzi pesanti si toglie spazio perché sono mezzi incompatibili con la salvaguardia della vita sul Pianeta. Questo – lo sapete, perché avete letto gli studi e visto gli esempi di altre città europee – significa affrontare la crisi climatica. Tutto il resto è un arrampicarsi sugli specchi e lo stridore delle vostre unghie non fa che mettere in luce le contraddizioni.
L’iter di approvazione evidenzia ancora una volta che il cambio di marcia non avverrà nelle stanze dei bottoni, ma potrà essere costruito e sospinto soltanto nelle strade. Nessuna ingiustizia è diventata giusta attraverso un voto: non lo sarà nemmeno questa.