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Allacciarsi gli scarponi contro il Passante – Appunti dalla marcia dei Sollevamenti della terra

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La scorsa primavera i movimenti ambientalisti di Bologna hanno fatto le corse per far emergere i disastri che la Città Metropolitana e la Regione Emilia-Romagna continuano a mettere in cantiere sul nostro territorio. La scossa data dalla grande manifestazione del 22 Ottobre 2022 è arrivata infatti leggermente in ritardo, eppure sulla media distanza l’effetto è stato quello di una costellazione di occupazioni, volantinaggi, critical mass, assemblee, flash mob, contestazioni, escrache, spentolate.

A pochi mesi da quelle proteste, la marcia dei Sollevamenti della terra propone un altro ritmo: in effetti, dopo un’estate torrida (comunque più fresca rispetto alle future) era il tempo di rallentare, riallacciarsi gli scarponi e con essi i fili di mille discorsi che è bene stringere con decisione, prima di ripartire con maggiore solidità. Allo stesso tempo gli eventi e il procedere dei cantieri sono incalzanti, tanto che è bastato che la marcia uscisse dai confini del comune di Bologna perché, proprio nelle zone interessate dal progetto Passante, ricominciasse l’abbattimento degli alberi. Lo schiaffodi impone una domanda: come mantenere il senso di urgenza e al contempo non soccombere nello stillicidio delle continue aggressioni che la classe dirigente emiliano-romagnola muove nei confronti del territorio e di chi lo abita?

Senza pretesa di avere risposte, qui ci sono alcuni appunti raccolti durante le tappe bolognesi della marcia, ricordando che l’iniziativa prosegue e che il 17 Settembre, nella sua ultima giornata, arriverà alla sponda toscana dell’Appennino, dove sono previste nuove colate di cemento per una funivia che andrebbe ad accompagnarsi alla seggiovia tanto desiderata da Bonaccini&Co, per il parco del Corno alle Scale.

Lo scavallamento della marcia sul fronte toscano rappresenta in realtà il reificarsi di un’idea che lo scorso inverno sembrava fantascienza: quella di un patto dell’Appennino, ancora tutto da immaginare, ma che registra un passo in avanti rispetto allo scorso Settembre. Segno di un processo in crescita.

Tragedie greche

Nel suo famoso spettacolo sul disastro del Vajont, Marco Paolini affermava che, per la miriade di coincidenze che lo avevano anticipato, l’evento assomigliava quasi ad una tragedia greca. Senza scomodare Sofocle, fa comunque impressione che il giorno di inizio della marcia sia corrisposto alla data di un incontro avvenuto in Regione tra Andrea Corsini (Assessore Emilia-Romagna), Valentina Orioli (Assessora Comune di Bologna) e Luca Fontana (Ingegnere Società Autostrade), riunitisi per riaffermare il proprio accordo rispetto alla cementificazione del territorio e dare nuova linfa al progetto Passante.

Rilanciare il progetto Passante era praticamente impossibile, dato che tuttora manca il sì del Ministero delle Infrastrutture all’avvio del cosiddetto Lotto 1. In mancanza di alternative, la riunione ha dunque rilanciato un “Lotto Zero Bis” che prevede una serie di accorgimenti e rattoppi, che daranno l’illusione di un passo spedito e accelerato dei lavori.

Pur non essendo stato particolarmente sponsorizzato nei giorni precedenti, alcuni cartelli apparsi nel quartiere Bolognina hanno comunque denunciato l’evento, mentre, poche ore dopo, una nuova occupazione del progetto Radical Housing prendeva vita a poche centinaia dai luoghi interessati dal progetto Passante, a rimarcare implicitamente che le persone che saranno più colpite dall’opera saranno quelle già in difficoltà per altre questioni, in particolare quella abitativa. Non si tratta di emergenze differenti, ma della stessa emergenza, letta da diverse prospettive.

Delitti e provocazioni

Il rinvio dell’opera è comunque un fatto, anche se vanno registrati due elementi. Innanzitutto, lo sappiamo, il “Lotto Zero”, con le sue aree transennate e i suoi cantieri, è già attivo sul nostro territorio. L’ultima scena del delitto è la fascia boscata tra via Agucchi e l’hotel Conte Luna, dove ad Aprile, nella seconda edizione del No Passante Trek, il gruppo di Boschilla aveva tenuto un intervento a partire dal libro di Gilles Clement sul “Terzo Paesaggio”, ossia il paesaggio che, proprio come il “Terzo Stato” è ritenuto disprezzabile e sacrificabile per lasciare spazio a giardini ben addomesticati e perimetrati: in realtà questi contesti sono fondamentali per le città, sacche di resistenza, preziose per ogni tipo di natura, e come tali vanno difesi. Le iniziative attivate finora non bastano: quindi che si fa?

Il secondo elemento da registrare è che la città si riempierà ulteriormente di cantieri, magari non direttamente ascrivibili al progetto Passante, ma comunque legati ad esso. Come già ampiamente illustrato in altre occasioni e altre sedi: il Passante non è solo l’allargamento di Tangenziale e A14, ma è anche molto (molto!) altro.

Cosa può un Passante

Il fatto è che per allargare una striscia di asfalto come quella che comprende la Tangenziale Nord e l’autostrada A14 c’è bisogno di un proliferare di altre opere che comportano ulteriore consumo di suolo, altri cantieri e altre zone impattate. È il caso dello “svincolo del Lazzaretto”.

Nella tappa di Lunedì 11, Wu Ming 2 ha accompagnato la marcia nei luoghi interessati dal progetto Passante, invitando le persone presenti a immaginare un universo parallelo in cui il Passante, a differenza di quanto avverrà da noi, sarà portato a termine. In questo scenario fantascientifico, un nuovo svincolo della tangenziale sfonderà un terreno agricolo per entrare in una nuova rotonda in via Agucchi e defluire verso un’ulteriore rotonda da cui un ipotetico autista avrebbe la possibilità di proseguire sulla stessa via, o di svoltare verso una strada che ora non c’è (e non ci sarà), ma che, in quell’universo, parallelo taglierebbe in pieno un terreno verde per condurre verso Viale Vittorio Sabena nella strada che conduce all’Ospedale Maggiore e all’Asse Attrezzato.

Da notare che quello descritto non è il progetto dell’allargamento di una via esistente, ma una strada ex novo. Lo stesso vale per il nuovo ponte sul Reno che, da progetto, insiste su un una porzione di territorio già interessata dalla bretella appena descritta e dai cantieri della linea tranviaria: ma la scommessa del tram non è proprio quella di diminuire il numero delle auto in circolazione?

Inganni verdi

Domenica 10, nella fascia boscata del Parco Virginia Wolf (oggi una zona transennata in vista dei lavori del progetto Passante) si è svolta un assemblea dal titolo L’inganno verde che ha visto la presenza di circa un centinaio di persone. A fine Maggio, un evento simile, svoltosi proprio in quei giardini, aveva raccolto di non più di un terzo dei partecipanti. Sempre Domenica pomeriggio, nel rione Birra, un volantinaggio No Passante raccoglieva il vivo interesse degli abitanti del quartiere incontrati all’uscita di un oratorio. Sono dati da registrare in quanto marcano un interesse che stenta a uscire dai limiti di una bolla ben definita, ma comunque si dimostra ben più consolidato rispetto al passato.

L’inganno verde di cui ha discusso l’assemblea è il trucco con cui le classi dirigenti, e in particolare quella emiliano-romagnola, cercano di convincere la cittadinanza che i loro progetti siano a impatto zero, anzi, addirittura “green”, proprio come il Ponte sullo Stretto sponsorizzato da Matteo Salvini, quello che per sistemare i fiumi “sposta il pesciolino, sposta l’alberello”.

Nel caso del Progetto Passante, lo stile è ampiamente salviniano: il tentativo non è solo quello di convincere le persone che l’allargamento della Tangenziale e della A14 possa diminuire il traffico (e su questo sono già state spese numerose pagine), ma anche che i sacrifici necessari per questo risultato straordinario saranno comunque compensati. Come più volte specificato sul sito di Wu Ming, si pensa di usare panchine e prati pettinati per compensare un ecocidio.

Ma c’è di più: i materiali circolati dopo le alluvioni e la stessa conferenza che abbiamo organizzato della prima edizione del Festival(e), hanno reso evidente che c’è un problema su come viene pensato e gestito il suolo della regione. Come più volte specificato da Paolo Pileri nel suo L’intelligenza del suolo, una volta che il suolo viene cementificato diventa come morto e l’ecosistema che in esso si concentra è perso. Nonostante l’idea di “rigenerare il suolo”, la verità è che ci vorranno 2000 anni per ridare vita al 10 centimetri di suolo. In altre parole, come scrive Pileri «dalla cementificazione, nelle sue varie declinazioni, non si torna mai indietro, anche per un solo centimetro quadrato» [p. 77].

Qualora Bonaccini sbroccasse , come avvenuto in primavera, sventolando la legge emiliano-romagnola del 2017 sul “consumo di suolo”, toccherà nuovamente ricordargli che, per quanto si possa giocare con le parole, gli ecosistemi hanno altre regole.

Dove cerco casa?

Come si riconoscono gli inganni? Tocca studiare, come ribadito in diversi interventi dell’assemblea di Domenica. Ma non è detto che si debba studiare necessariamente sui libri o sulle carte dei progetti, si può fare anche per strada, tenendo gli occhi aperti su cantieri e annunci, specialmente se stai cercando casa: non si sa mai cosa ti potrebbero costruire affianco, né sai se fra pochi anni, quella casa che dopo tante ricerche sei riuscita a trovare sarà oggetto di esproprio! Durante il trekking con Wu Ming 2, l’impressione era che ogni luogo è un potenziale cantiere, magari per una bretella, un ponte, uno svincolo per alleggerire il traffico, proprio sotto la tua finestra.

Nonostante i disastri della scorsa primavera, infatti, la fantasia cementifera di chi governa Comune e Regione sta dimostrando di voler proseguire sugli stessi binari di prima, come se non fosse avvenuto nulla. Così, proprio durante le iniziative marcia, ci siamo ritrovati con la notizia di nuove ruspe nell’alveo del fiume Savena, dove la piena di Maggio ha spazzato via i cantieri responsabili dell’abbattimento di quasi 1200 alberi del Parco Paleotto, per far spazio ai camion di una logistica sempre più accelerata.

Smania

Se guardiamo ai luoghi interessati da queste nuove opere c’è la storia di chi, già vittima di un esproprio, rischia di vedersi togliere nuovamente la casa, quella di chi è abituato ad avere terreni agricoli di fronte alla finestra e invece si troverà palazzoni e nuovi uffici, quella di chi vedrà il traffico defluire a pochi metri dalla sua soglia. Tutto ciò avviene a ritmi sempre più accelerati.

Lanciata verso i suoi prossimi delitti, la città cambia volto con la velocità di Dio dei Mille Volti di Game of Thrones e si appresta ad accogliere una nuova popolazione che sarà legata al progetto del Tecnopolo e del supercomputer Leonardo con sede in zona Fiera, un’infrastruttura che (se ne parlava nel terzo intervento dell’iniziativa con IntoTheBlackBox) pur essendo sponsorizzata come contrasto ai cambiamenti climatici, servirà non a mitigare gli effetti delle attività antropiche sull’ambiente, ma a vivere “dentro la crisi”, mantenendo la direzione intrapresa finora.

I progetti abitativi che il Comune sta pensando vanno in questa direzione: non si tratta, se non in alcuni brevi accenni, di affrontare in modo corposo la questione del benessere della cittadinanza, ma di favorire le condizioni per continuare a spremere il più possibile il territorio. Quella di terreni considerati senza valore perché ricoperti da sterpaglie e dunque non addomesticati, inutili. Asfaltabili.

Il cantiere per la costruzione della prima fermata del tram, con annessi deposito e uffici

Gli artigli della città

Da questo punto di vista, una delle soste del trekking con Wu Ming 2 è stata illuminante: all’incrocio tra via Persicetana e via Marco Emilio Lepido, in una zona che segna il confine della città ed è contraddistinta da terreni agricoli, svetta ora una gru che sovrasta un cantiere di 9 ettari in cui è previsto il deposito del tram, con tanto di uffici e nuove abitazioni.

La discussione su questo progetto è molto più complessa rispetto a quella sul progetto Passante, eppure la spianata grigia comunicava qualcosa che andava ben oltre la costruzione di una linea di trasporto su ferro. Evidente era un allargamento della parte urbanizzata della città, una massa grigia che si allungava gli artigli ridefinendo il volto di una zona verde della città.

Ed è qui che diventa chiaro che, a prescindere dal tram, nessuno ha mai messo in discussione l’idea che vi siano troppe auto, che il mercato delle automobili non sia compatibile col nostro mondo e che nemmeno nelle dichiarazioni più avveniristiche dei nostri amministratori si parla di una diminuzione del numero delle auto: siamo pur sempre nella tanto decantata Motor Valley del lusso e della auto sportive, un mercato che non può essere messo in discussione.

A riprova di ciò, l’8 Settembre è uscita la notizia che entro il 2026, grazie ad un investimento dell’azienda tedesca Sew-Eurodrive, in zona Borgo Panigale si immagina la costruzione di un “Drive Tecnology Center” in un’area di circa 14mila metri quadrati. Il progetto prevede l’occupazione per circa 80 persone: di fronte al lavoro non c’è idea “green” che tenga… o no?

Quanto vale un bosco?

Si tratta di una domanda posta durante il trekking, mentre si discuteva dell’impatto dei lavori del progetto Passante (quello che non si farà), nei territori boschivi. In realtà non era facile rispondere alla domanda, perché in fondo c’è bosco e bosco, ma è proprio la logica della domanda che bisogna scardinare.

Società Autostrade e della Regione hanno una risposta precisa, visto che l’abbattimento di alcune fasce boschive sarà effettivamente compensato in “denaro”, ma la domanda ha già trovato altri tipi di risposte che possono aiutarci a ragionare. In Lavoro Natura Valore, Emanuele Leonardi racconta come è stata scardinata l’alternativa tra lavoro e salute dalle lotte operaie, quando si riferisce alla irrasircibilità dei rischi per la nocività che invece l’azienda del Petrolchimico di Porto Marghera voleva contabilizzare in termini economici e inserire nei contratti di fabbrica. La risposta fu che la salute non si può monetizzare. E allora oggi, se è vero che l’essere umano non è “altro” rispetto alla “natura” ma ne è parte integrante, la domanda “quanto vale un essere umano?” può essere equiparata alla domanda “quanto vale un bosco?”.

Risposta: non ha “valore”, non è monetizzabile, non si abbatte, punto!

Di nuovo in viaggio

Alluvioni, esondazioni, persone sfollate, chiusura scuole, cantieri, fango, esalazioni, rischio epidemico. E poi caldo e sempre più caldo, alberi secchi e temporali. Notti insonni per chi non può permettersi un condizionatore, case bollenti, invivibili, con l’inflazione che pesa sulle bollette e l’affitto che rimane esorbitante .

Negli ultimi mesi la questione climatica ha imposto la sua voce in ogni momento della nostra vita. A fronte di questa situazione, il progetto Passante non è solo un’infrastruttura esplosa e dannosa, ma anche il simbolo di un’idea di sviluppo ben precisa, inutile, pericolosa e funzionale ad un’idea di mondo fatto di auto, camion, asfalto, valore da estrarre dai territori e dalla vita delle persone che, proprio come i parchi pubblici sognati dalla classe dirigente, deve rimanere ben addomesticata e perimetrata.

E così, dopo eventi che tutti definiscono catastrofici, un progetto che non doveva già esistere, viene addirittura rilanciato, con un disprezzo nei confronti di qualunque voce critica, vera o potenziale: nessuna risposta sul fronte della richiesta della Valutazione di Impatto Sanitario che nella primavera scorsa è stata richiesta ogni settimana con le spentolate ogni lunedì di fronte al Comune; nessuna esitazione nel promuovere, il 7 Agosto, una delibera per aggirare il ruolo di Arpae nella Valutazione Sostenibilità Ambientale e Territoriale.

Come risposta a questa ulteriore dimostrazione di spocchia, in questi giorni sono avvenute alcune azioni significative. La prima è rappresentata dalla Biciclettata Ostile che in modo tanto organizzato quanto spregiudicato è andata a occupare la tangenziale, per rimettere i corpi sul luogo di un delitto che deve interrompersi: sebbene in un clima scanzonato e festoso, il risultato è stato quello di un sabotaggio inaspettato.

La seconda è rappresentata dalla scelta di svolgere l’assemblea L’Inganno Verde dentro i luoghi transennati di via Arcoveggio, dove si prevede di abbattere alberi e asfaltare un terreno incredibilmente verde: lasciate in pace da falciatrici e mietitrebbie, dentro quei cantieri le piante si sono prese i loro spazi, arrivando quasi a cancellare sentieri che oggi sono difficili da individuare per chi visita i luoghi per la prima volta. Segnale utile a ricordare che tra i viventi, gli esseri umani non sono gli unici a manifestare la loro contrarietà all’opera.

Sono allacciati gli scarponi?