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Verso il Climate Pride, costruire giustizia climatica e sociale

  • Categoria dell'articolo:Bologna / Italia / Video
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Domenica 9 febbraio si è svolto a Bologna l’incontro nazionale verso gli stati generali della giustizia climatica e sociale. Un processo iniziato davanti ai cancelli dell’ex GKN a Campi Bisenzio lo scorso ottobre, e articolatosi successivamente in una serie di iniziative nazionali che, il 12 aprile, ci vedranno sfilare a Bologna con il Climate Pride: costruiamo spazi per le ecologie urbane!

Pubblichiamo di seguito il nostro intervento introduttivo.

Siamo particolarmente felici di rivederci oggi qui, dopo esserci incrociate tante volte nelle piazze di questa e altre città, nelle assemblee, nei presidi, nei momenti sociali. 

Non possiamo non partire dall’esperienza del Collettivo di Fabbrica GKN, che in tante di queste occasioni è stato innesco. A partire dalla discussione che faremo oggi, nata dalla domanda del collettivo sull’esigenza o meno degli stati generali della giustizia climatica e sociale, che abbiamo discusso lo scorso ottobre a Campi Bisenzio. Per arrivare fino a quel convergere per insorgere, diventato pratica di tante iniziative, tra cui il corteo che il 22 ottobre 2022 ci ha portato in decine di migliaia sulla tangenziale di Bologna ad affermare che fine del mondo e fine del mese sono la stessa lotta.

(guarda l’intervento, oppure continua a leggere dopo il video)

La tenacia del Collettivo di Fabbrica GKN rappresenta per tutte noi lo spazio dell’immaginare un mondo all’altezza dei nostri sogni in un tempo caratterizzato dalla guerra, dal genocidio, dallo sfruttamento, dalla violenza che assume molteplici forme,  dalla devastazione ambientale. E allora una cosa la vogliamo affermare subito: siamo state, siamo, e saremo sempre complici e solidali con chi sulle macerie di un modello che vuol fare profitti attraverso i licenziamenti prova a costruire un piano di riconversione industriale dal basso che pone la sfida della giustizia climatica e sociale. 

Prima di entrare nei temi del nostro incontro, ci sembra importante dirci che, oggi, Bologna non è soltanto gli stati generali della giustizia climatica e sociale. E’ stata, tre giorni fa, una grande assemblea antifascista e transfemminista che ha lanciato un corteo per sabato 15 febbraio. E’ stata, questo weekend, spazio di confronto delle assemblee precarie universitarie: proprio l’elaborazione del piano di reindustrializzazione di GKN e le riflessioni sulla giustizia climatica e sociale mettono in luce quanto siano preziose le competenze di migliaia di ricercatrici e ricercatori che in questi anni hanno contribuito, con saperi ed entusiasmo, a immaginare collettivamente altrove possibili. Stamattina, invece, sull’Appennino così duramente colpito dalle alluvioni che  negli ultimi due anni hanno sconvolto i nostri territori, si è svolta una delle iniziative della giornata di mobilitazione nazionale verso le Olimpiadi invernali del 2026. L’Appennino, la montagna, quelle che chiamano aree interne, quei territori e quelle socialità rappresentano secondo noi uno spazio indispensabile per affrontare la crisi climatica indossando le lenti della giustizia. 

Nel nostro piccolo, qui a Bologna siamo impegnate da mesi in un processo che ha l’ambizione di costruire uno spazio delle ecologie urbane. Sentiamo l’urgenza di affiancare alle rivendicazioni, le pratiche che possano attraversare la città, perché è su di esse che vogliamo provare a costruire giustizia climatica e sociale. Lo stiamo facendo a partire da tre verbi che vogliamo declinare nello spazio urbano: cucinare, per ridare un senso collettivo alle relazioni legate cibo, alla sua produzione e alla sua manipolazione. Desigillare, perché le catastrofi di questi anni ci hanno mostrato le conseguenze di un consumo di suolo senza freni, e perché i nostri spazi urbani, per essere giusti, devono essere prima di tutto vivibili, mettendoci al riparo tanto dalle alluvioni quanto dalle ondate di calore. E forestare, perché è nel rompere la dicotomia tra natura e cultura e nel cercare pratiche collettive più che umane che vediamo il terreno su cui ridefinire lo spazio urbano.

In un territorio come quello bolognese, che negli ultimi due anni ha più volte fatto i conti con l’alluvione, i grandi progetti infrastrutturali – come l’allargamento fino a 18 corsie dell’autostrada che attraversa la città – continuano a essere definiti opere strategiche, mentre migliaia di famiglie contano i danni delle alluvioni. In questo contesto, che è simile in tanti territori, sentiamo il bisogno di pensare gli stati della giustizia climatica e sociale in termini ecologici: le nostre organizzazioni, i collettivi, i gruppi informali, sono portatrici di lotte e competenze, punti di vista e proposte radicali. Non una sommatoria, non una lista di rivendicazioni, non un punto di vista mediato, ma la capacità di trovare i nessi attraverso i quali possiamo imparare e insegnare reciprocamente, suggestionare e co-costruire, mobilitare e disegnare orizzonti altri. E tutto ciò è possibile unendo il fare insieme al discutere collettivamente.

Nel testo che è stato condiviso prima di questo incontro, ci sono una serie di domande che alludono proprio a questo: come facciamo a fare sì che? Come faremo a rispondere che stiamo bene, quando qualcuna tornerà a chiedercelo? Nel nostro calendario ci sono alcune date: ci sembra che lo sforzo collettivo che potremmo fare oggi è riflettere su come significare quei tre eventi a partire dalle nostre specificità, dalle nostre competenze uniche, dai nostri terreni di lotta e di attivismo quotidiano. Come sapete tra queste date c’è anche il Climate Pride, che abbiamo messo in programma per il prossimo 12 aprile a Bologna e che vorremmo caratterizzare con una pluralità di carri tematici, ognuno capace di esprimere convergenze nella convergenza, perché le tante dimensioni della giustizia climatica e sociale possano sfilare contaminandosi. 

Nel costruire il percorso verso il Climate Pride abbiamo scritto che questo presente non è il nostro futuro, e che convergere per insorgere significa mettersi alla ricerca delle parole, delle pratiche e delle intersezioni per cambiare tutto. Essere qui, oggi, può e deve rappresentare lo spazio per costruire ecologie: perché il futuro è un processo collettivo, e perché la nostra vita è una e tanta, contiene un caleidoscopio di esperienze e bisogni, e di conseguenza sono tante le cose che dobbiamo avere l’ambizione di conquistare. Collettivamente, nelle ecologie che saremo capaci di generare.