“Ascoltami, che ti fa bene”. Con queste parole il Presidente della Regione Emilia-Romagna ha apostrofato coloro che venerdì scorso, durante la manifestazione ‘Repubblica delle Idee’, lo hanno contestato in Piazza Maggiore per la cementificazione dei nostri territori. Invece di imparare qualcosa dalla dura lezione dell’alluvione, Stefano Bonaccini ha ripetuto come un mantra la storiella della regione dove pochi decenni fa si moriva di fame, e che grazie all’opera di chi ha governato e governa è oggi uno dei territori più ricchi d’Europa.
Che la ricchezza misurata dal PIL tocchi, in Emilia-Romagna, valori che poche regioni europee possono ‘vantare’, è un dato statistico. Ma altri dati dimostrano che questa ricchezza la paghiamo a un prezzo altissimo, e se il PIL non ci dice se e come la ricchezza è distribuita, sappiamo invece con certezza che i costi sono a carico di tutta la popolazione, e che impattano maggiormente su coloro che hanno meno. Non servono storielle pluridecennali per vedere che chi ha meno nell’ultima alluvione ha perso tutto; così come è evidente – e lo dicono gli studi sanitari – che chi non può permettersi altra casa se non quella vicina a un’autostrada goda di un’aspettativa di vita ben inferiore di quanti possono vivere in territori meno inquinati.
La Regione Emilia-Romagna è una delle terre più inquinate d’Europa, e anche l’ultimo inverno è passato tra un’emergenza e l’altra. E’ anche una delle terre più cementificate del Vecchio Continente, nonostante Stefano Bonaccini abbia rivendicato, sempre in quella piazza, una legge sul consumo di suolo, approvata nel 2017, che sarebbe “la più restrittiva di questo Paese”; peccato che, nonostante le sue dichiarazioni, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) abbia certificato – dati alla mano – che questa è una delle regioni che ogni anno asfalta più ettari di terreno, e che anche nel 2021 (ultimo anno per il quale abbiamo a disposizione dati, ma ben quattro anni dopo l’approvazione della legge ‘più restrittiva di questo Paese’) abbia conseguito il triste primato per quanto riguarda il consumo di suolo in aree ad alto rischio idraulico. Attenzione: questo cemento non è stato versato quando governava chi ha preceduto Stefano Bonaccini, ma è il lascito di questa amministrazione regionale, che nelle piazze vanta con arroganza risultati incredibili sulla difesa del suolo e misure ambiziosissime sul riscaldamento globale, mentre in Giunta approva autostrade e bretelle, poli logistici e nuovi capannoni, come non ci fosse una crisi climatica.
Mentre nei giorni precedenti il sindaco di Bologna aveva affermato che nei decenni passati si è cementificato troppo, nella stessa piazza Stefano Bonaccini ha urlato che non accetta il processo a coloro che lo ha preceduto nel governo della Regione. E in effetti, per quanto la pianificazione e la gestione dell’ultimo mezzo secolo abbiano lasciato un territorio debole e devastato, poco possiamo fare sul latte versato. Chi invece ha delle responsabilità sempre più pesanti siede in questi giorni nei palazzi del governo. Perché negli ultimi decenni i report scientifici si sono moltiplicati e si sono accumulati sulle scrivanie, compresa quella di Stefano Bonaccini. Ma quei testi sono finiti inevitabilmente nel rusco, per far posto ai faldoni delle nuove infrastrutture alle quali, una volta realizzate, andare a tagliare il nastro.
Dopo la devastante alluvione, questa responsabilità si moltiplica esponenzialmente. Sapevano già prima, ma hanno continuato a voler parlare di questa terra come della ‘Motor Valley’, pretendendo, per esempio, di raccontare la favola dei rigassificatori come strumenti verso l’energia pulita e dell’allargamento del Passante di Bologna come ‘opera simbolo della transizione ecologica’. Ora, oltre a sapere, hanno visto cosa significa cementificare, con le nostre città imbrattate di fango, l’appennino franato e le campagne allagate. Dopo tanta arroganza, è tempo d’ascoltare chi dissente per difendere la propria terra. Vi farà bene.