Pochi giorni fa l’assessora Valentina Orioli ha annunciato che quest’anno, per la prima volta, Bologna ha ricevuto 4 bike-smile su una scala di 5 nella classifica elaborata da FIAB nell’ambito del progetto ‘Comuni ciclabili’. C’è da augurarsi che l’assessore alla mobilità non pensi davvero che la ciclabilità a Bologna valga un voto di 4 su un massimo di 5, altrimenti significherebbe che non ha la minima idea dell’enorme lavoro che c’è ancora da fare per rendere la nostra città davvero amica della mobilità dolce.
(continua dopo il post di Valentina Orioli)
Chi usa la bici quotidianamente, infatti, ha ben poco da sorridere. Pedalare a Bologna è pericoloso, scomodo, e insalubre. I percorsi dedicati alle due ruote sono pochi e sconnessi tra loro; le pavimentazioni sono in molti tratti in pessimo stato, così come la segnaletica; in tante strade le rastrelliere per le bici nemmeno ci sono, mentre anche nel centro storico i parcheggi dedicati alle auto sono molti di più di quelli per le due ruote. Le corsie ciclabili, di cui tanto parla il Comune, sono frequentemente più strette del nostro manubrio, e diventano ogni giorno spazio dedicato al parcheggio in doppia fila. Due cuscini berlinesi ‘in sperimentazione’ sono un bel dosso su cui saltellare, ma non rivoluzionano la mobilità cittadina, mentre negli ultimi mesi il numero di automobili in circolazione ha raggiunto – e in alcune zone superato – quello pre-pandemia e in molte strade si assiste ad accelerazioni e sorpassi che ci ricordano che noi siamo la ‘Motor Valley’.
Coloro che portano le figlie e i figli a scuola con una cargo-bike si contano sulle dita di poche mani, e vanno considerati a tutti gli effetti dei genitori particolarmente coraggiosi, perché muoversi in città con un mezzo del genere significa restare imbottigliati nel traffico di auto e motorini e doversi concentrare su una moltitudine di potenziali rischi. Nemmeno molte/i autiste/i dei mezzi pubblici hanno una particolare empatia per coloro che si muovono in sella, e anzi rappresentano una delle maggiori preoccupazioni per le/i cicliste/i, mentre coloro che considerano a tutti gli effetti la bici un mezzo di trasporto e non un oggetto di svago restano una minoranza.
Che ci siano più ciclisti e più chilometri ciclabili rispetto al passato è un dato di fatto, ma da qui a definire Bologna una città ciclabile ne deve passare di acqua sotto i ponti; a partire da quello di Pontelungo, dove l’avvio del cantiere ha significato ‘bici a mano’, a dimostrare la considerazione delle due ruote negli uffici comunali. Possiamo sventolare una bandiera, oppure capire qual è lo stato dell’arte; se vogliamo fare questo, dobbiamo partire dalla consapevolezza che Bologna, oggi, non è una città amica della ciclabilità, così come fanno pensare i quattro smile assegnati da FIAB.
Questa valutazione getta un’ombra anche su chi ha stilato la classifica. Tra l’altro, l’unico dei quattro parametri in cui Bologna registra un voto più alto dell’anno precedente è la comunicazione, e i criteri con cui le valutazioni vengono assegnate non sono esplicitate nel sito dell’iniziativa.
(continua dopo la valutazione di Bologna)
Certo, Bologna non è tra le peggiori città italiane in termini di ciclabilità: ma se prende 4 su un massimo di 5, che voto darebbe FIAB alle tante città europee dove da anni le bici sono a pieno titolo parte integrante del sistema di mobilità urbana? Andiamo fuori scala? Il punto è che non bastano i numeri per valutare la qualità dell’ambiente urbano: i chilometri di corsie ciclabili sono certamente aumentati nel corso degli anni, ma ciò non ha cambiato la filosofia che ispira la gestione dello spazio pubblico bolognese, dove l’auto continua a essere il cardine intorno al quale immaginare gli interventi, tanto che le corsie ciclabili – e non lo spazio dedicato alle automobili – si restringono laddove lo spazio diminuisce.
Quando parliamo di ciclabilità, gli esempi in Europa sono tantissimi: invece di auto-compiacerci con qualche smile, forse è giunto il momento di misurare, onestamente, la distanza che ci separa da quelle esperienze, e capire quali sono le azioni necessarie per colmarla. Diversamente, qualcuna/o potrà fare quattro salti a favore di fotocamera, ma le/i bolognesi continueranno a vivere in una città inquinata nella quale andare in bici è ogni giorno un’avventura.