Nel giorno in cui il sindaco di Bologna Matteo Lepore presenta la propria Giunta comunale, l’assessore regionale a Infrastrutture, Trasporti e Mobilità, Andrea Corsini annuncia di aver scritto al ministro delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, e all’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, chiedendo di inserire la quarta corsia dell’A1 tra Modena e Piacenza tra gli interventi prioritari.
Dice: che c’entra il nuovo sindaco di Bologna con la quarta corsia in autostrada?
Secondo noi, tantissimo. O, meglio: l’ulteriore allargamento dell’autostrada A1 ha tantissimo a che fare con il futuro della città di Bologna. Che, a sentire il primo cittadino, si candida a essere tra le 100 città europee che guideranno la transizione climatica; tanto che Lepore ha distribuito diverse deleghe su questi temi, come quelle per le Assemblee per il Clima, per il progetto comunità solari e l’ufficio clima, per la nuova mobilità, per il coordinamento della transizione ecologica, il Patto per il clima e la candidatura, appunto, come ‘città carbon-neutral’.
La quarta corsia sarebbe da realizzare tra Modena e Piacenza, al di là dei confini della città metropolitana e con un occhio oltre il Po. Ma, pur non essendo di competenza dell’amministrazione comunale, quell’asse autostradale – e il suo eventuale potenziamento – ha una ricaduta diretta su Bologna.
In primo luogo, perché Bologna è il nodo del trasporto nazionale. E se a livello regionale e nazionale si potenzia il trasporto su gomma, inevitabilmente il numero di veicoli e mezzi pesanti che transiterà a pochi chilometri dalle due torri aumenterà. Come promuovere la ‘nuova mobilità’ se si continua a investire nella vecchia, partendo dal fatto che già oggi il trasporto su gomma movimenta i nove decimi delle merci che si muovono in Italia?
In secondo luogo, perché il Patto per il clima e la candidatura a ‘città carbon-neutral’ prevedono un approccio multilivello nel quale istituzioni locali, regionali e nazionali cooperino per favorire la transizione climatica dei singoli territori e delle città: come si concilia la transizione climatica di Bologna con un sistema di trasporto regionale e nazionale che continua a mangiare suolo agricolo per far crescere l’asfalto?
Infine, non si può non vedere il legame che la quarta corsia dell’A1 ha con l’allargamento del passante autostradale bolognese. Asfalto, infatti, chiama altro asfalto, e chissà quanto dovremo aspettare per sentirci dire che il traffico in A1, dopo i successivi allargamenti, necessita di un passante ancora più ampio per non fare di Bologna il collo di bottiglia della mobilità nazionale.
Il sindaco ha affermato dopo l’elezione che la sua sarà una ‘Bologna da combattimento’. Ebbene, battere i pugni sul tavolo per affermare che Bologna non può continuare a essere il nodo sul quale convergono tutti i veicoli e i mezzi pesanti che attraversano l’Italia potrebbe essere un buon punto di partenza per dimostrare questa determinazione.
Continuare a gettare le risorse per asfaltare altri territori, invece di investire tutto ciò che abbiamo per promuovere un radicale cambiamento del modo in cui persone e merci si muovono, equivale infatti a smentire ogni impegno per la transizione. Così come insistere sull’allargamento del passante di Bologna: un cantiere che non si deve aprire, perché la ‘nuova mobilità’ di un Comune che vuol guidare la transizione ecologica non può certo fondarsi sulle quattro ruote.