Mercoledì 6 ottobre a Venezia si è tenuta una conferenza del progetto LIFEPrepAIR, finanziato dalla Commissione Europea e che ha l’obiettivo di facilitare la riduzione dell’inquinamento nella Pianura Padana. “Il Bacino del Po – si legge nella presentazione del progetto – rappresenta un’importante area di criticità per la qualità dell’aria (polveri fini, ossidi di azoto, ozono) sin dall’entrata in vigore dei valori limite fissati dall’Unione Europea. Questa zona copre il territorio delle regioni italiane del nord ed include diversi agglomerati urbani quali Milano, Bologna e Torino. L’area è densamente popolata ed intensamente industrializzata”.
Durante la conferenza, come riporta un articolo de Il Giornale di Vicenza, gli assessori delle regioni coinvolte – Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto – hanno lanciato l’allarme sul livello degli inquinanti presenti nel bacino del Po. Ma la loro principale preoccupazione sembra non essere stata la salute degli abitanti di questo territorio, per la quale le quattro Regioni ritengono di aver fatto grandi sforzi; il nodo, invece, è stato chi dovrà pagare le multe in arrivo dalla Commissione Europea per il mancato rispetto dei limiti massimi di inquinamento previsti a livello comunitario e dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS).
La colpa dell’inquinamento, infatti, non è della crescente antropizzazione della pianura, ma è della morfologia del territorio perché – parola dell’assessore veneto Botaccin – “spazzare via gli inquinanti da una zona così, è difficile”. Per questo, il rappresentante della Giunta veneta si dice “preoccupato in vista dell’ulteriore stretta dell’OMS che ha aggiornato i valori di riferimento abbassando l’asticella nell’ottica della tutela della salute pubblica”. Quale soluzione, quindi? “Va evidenziata la nostra specificità”, dice l’assessore, e non si capisce quale specificità veneti, emiliano-romagnoli, lombardi e piemontesi possano vantare per ammalarsi meno degli altri se esposti agli inquinanti.
“Da anni le Regioni fanno squadra e lavorano alacremente”, gli fa eco l’assessore lombardo Roberto Cattaneo, “ma l’unica misura per rispettare i limiti sulla qualità dell’aria è deportare 25 milioni di italiani”. Perché, secondo loro, “noi abbiamo fatto tutto quello che potevamo”.
Stiamo parlando di territori in cui la cementificazione è spesso avanzata in maniera selvaggia; dove ogni anno si approvano nuovi progetti per strade, autostrade, complanari e passanti, riducendo le aree agricole e favorendo il trasporto su gomma; dove si investono milioni di euro in nuovi progetti infrastrutturali, senza voler intervenire alla fonte dell’inquinamento: le ciminiere delle fabbriche, i camini delle case, le marmitte delle automobili.
“Chi pagherà le multe?”, si domandano i rappresentanti delle regioni del bacino Padano. Ed è una domanda giusta, alla quale ovviamente non vogliono rispondere: perché a pagare quelle multe dovrebbe essere chi per decenni ha fatto profitti inquinando, e chi lo ha permesso approvando autorizzazioni e opere infrastrutturali. Perché la Pianura Padana, nonostante la sua morfologia, non è stata sempre inquinata, ma la sua aria è diventata pessima per scelte politiche e infrastrutturali su cui si è deciso e si continua a decidere di investire le nostre risorse. C’è ancora tanto da fare in Pianura Padana, e le responsabilità sono anche sulle spalle di chi oggi si nasconde dietro alla morfologia del territorio, facendo finta di non sapere che decenni di soldi spesi in cemento invece che in opere e politiche ecologiche ci hanno confinato in una camera a gas.