Sabato 5 aprile abbiamo partecipato, insieme alle tante realtà che stanno costruendo il percorso verso gli Stati generali della giustizia climatica e sociale, al festival di letteratura working class che si svolge di fronte all’ex GKN, e al grande corteo organizzato dal Collettivo di Fabbrica GKN e che ha raggiunto Campi Bisenzio. Pubblichiamo di seguito l’intervento con il quale abbiamo condiviso l’invito a partecipare al Climate Pride del 12 aprile.
Non è la prima volta che abbiamo la possibilità di prendere parola in questo luogo che parla di lotte, determinazione, solidarietà. Che prova, con tenacia, a declinare il verbo convergere.
Quando qui è iniziata questa lotta operaia, ci avete chiesto ‘come stiamo’. Quasi quattro anni dopo, possiamo dire che stiamo un po’ meglio. Non bene; perché il mondo è attraversato dalle guerre e in Palestina è in corso un genocidio. Perché le velleità di una transizione ecologica dall’alto che sospettavamo essere fallita in partenza sono state seppellite dal peso di miliardi di euro da investire in carri armati e bombe. Perché il patriarcato uccide, ogni maledetta settimana. Perché le nostre terre sono attraversate dalla crisi climatica, acqua e fango invadono le nostre case, si portano via vite e fanno miliardi di euro di danni. Perché le ingiustizie ci sono sbattute quotidianamente in faccia dall’arroganza di chi vuole continuare ad arricchirsi sulle spalle della gran parte dei viventi di questo pianeta.
Ma, dicevamo, ci sentiamo di stare un po’ meglio. Perché in questi anni abbiamo imparato a sperimentare il verbo convergere. Lo abbiamo associato a quello di insorgere. Abbiamo pensato, immaginato, cospirato, con l’ambizione di ribaltare i rapporti di forza. Abbiamo disegnato altrove possibili, processi di solidarietà, intelligenze collettive. Ecco perché, ogni volta che prendiamo il microfono di fronte alla vostra fabbrica, la prima cosa che ci sentiamo di fare è dire grazie. Grazie, Collettivo di Fabbrica ex GKN, per continuare a mettere giorno dopo giorno il tuo cuore collettivo a disposizione dei nostri sogni, delle nostre ambizioni, dei nostri desideri, del nostro volere stare bene.
In questi mesi abbiamo iniziato a discutere collettivamente intorno alla costruzione degli stati generali della giustizia climatica e sociale. Non un’alleanza. Non una sommatoria. Non un minimo comune denominatore. Ma un altro modo di guardare al Pianeta. E’ un processo difficile, complesso, sfidante. Che ha bisogno di costruire intersezioni e non patti, pratiche collettive e non elenchi puntati. E’ quel che stiamo facendo in queste settimane: con ReSET, che si è svolto a Roma lo scorso weekend; con questo splendido festival della letteratura working class. E con il Climate Pride in programma a Bologna il prossimo 12 aprile, e sul quale ci permettiamo di spendere qualche minuto, perché sabato prossimo abbiamo una gran voglia di avervi tutte e tutti al nostro fianco.
Nell’organizzare il Climate Pride, abbiamo affermato che vogliamo costruire ecologie urbane.
Quando parliamo di ecologie, non è solo alle nature che facciamo riferimento. Certo, vogliamo desigillare le nostre città perché siamo stanche di subire le conseguenze del vivere in un grande parcheggio a cielo aperto. Vogliamo forestare lo spazio urbano, perché alle ondate di calore dobbiamo trovare risposte per tutte e non solo per chi può permettersi il condizionatore. Vogliamo che non si allarghino le autostrade e si cementifichi altro suolo, ma che si investa ogni euro disponibile nella cura del territorio, perché siamo stanche di spalare fango e buttare nell’immondizia i libri e i ricordi di tante persone.
Queste sono alcune delle azioni per dare senso, vita e potenza alle ecologie. Ma quando parliamo di ecologie, ci riferiamo alle relazioni che possiamo generare, ai nostri spazi di vita collettiva. Al diritto di ognuna di vivere una vita bella e piena, senza dover temere un licenziamento o dover lottare per bilanciare lavoro produttivo e lavoro riproduttivo. Alla certezza di avere sempre una casa in cui dormire e il diritto al tempo libero per vivere appieno le culture che attraversano lo spazio urbano, senza il timore di essere cacciate oltre confine a causa di una nazionalità scritta su un foglio di carta. In questo senso, praticare ecologie significa costruire una visione socialmente integrata dell’urbano. Dove praticare la transizione è un processo collettivo e dal basso che si fa strada tra le macerie lasciate dalla fallimentare ‘transizione dall’alto’.
Per portare ancora una volte nelle nostre piazze le tante convergenze che fanno convergenza; per continuare a disegnare altrove possibili; per animare collettivamente l’ambizione di costruire gli stati generali della giustizia climatica e sociale, il prossimo 12 aprile vi invitiamo a partecipare insieme a noi al Climate Pride di Bologna. Ci saranno collettivi, musicisti, artisti, operai, contadini, abitanti dell’appennino, studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, e tante altre realtà. Insieme, vogliamo affermare che questo presente, fatto di guerre, alluvioni, ingiustizie, non è il nostro futuro.
Per questo, per altro, per tutto, vi aspettiamo il 12 aprile alle 15:00 al Parco della Montagnola, per poi muoverci nelle strade di Bologna. Per ricordare e ricordarci, con uno slogan di qualche decennio fa, che sotto l’asfalto c’è la spiaggia e che, quindi, oltre il grigiore del cemento ci sono i sogni collettivi da costruire. A sabato prossimo!