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Il Climate Pride e la foresta delle ecologie urbane

  • Categoria dell'articolo:Bologna
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Ci siamo. Sabato 12 aprile attraverseremo Bologna con il Climate Pride. Una street parade che arriva dopo decine di incontri, assemblee, iniziative durante le quali abbiamo discusso di transizione ecologica, alluvioni, ecologie urbane, guerra, diseguaglianze. Un intreccio che attraversa lotte e rivendicazioni, e che nasce dall’affermare che la cosiddetta ‘transizione dall’alto’ ha fallito

Lo vediamo nelle strategie europee, che sono rapidamente passate dalle promesse dello European Green Deal al piano per investire 800 miliardi in armamenti e guerre; lo vediamo nelle politiche nazionali, con una svolta securitaria che criminalizza chi si oppone alle grandi opere che devastano i territori; lo vediamo nelle scelte regionali, che di fronte alle ripetute alluvioni che hanno prodotto morti e distruzioni, sono ostinatamente a favore del tondino e del cemento, delle fonti fossili, delle infrastrutture autostradali; e lo vediamo nella nostra Bologna, che ha dichiarato l’emergenza climatica ormai sei anni fa, e nel frattempo ha continuato a consumare suolo, aumentato le tariffe del trasporto pubblico, ed è stata incapace di produrre una visione ecologica della città. 

In questi anni, ci siamo incrociate tante volte nelle case alluvionate. Abbiamo spalato fango e gettato nell’immondizia ricordi. Abbiamo visto il dramma di chi perde tutto. Abbiamo toccato con mano le diseguaglianze sociali che si porta con sé la crisi climatica. Non siamo tutte sulla stessa barca: quando le ondate di calore rendono invivibili i nostri quartieri, per esempio, chi non ha i mezzi economici per raffrescare le proprie abitazioni ci rimette la propria salute. Ecco perché costruire ecologie urbane significa affrontare le ingiustizie, porsi il problema dell’abitare e del muoversi, del come si lavora e del come si attraversa la socialità della città. Desigillare e forestare – i verbi che iniziano a essere coniugati in tutto il pianeta – non rappresentano l’estetica di una città che si rigenera, che si fa verde: rappresentano le rivendicazioni sociali di chi vuole che lo spazio pubblico sia il terreno nel quale affrontare collettivamente la crisi climatica. 

Ecco perché abbiamo lanciato la sfida del costruire la foresta delle ecologie urbane. Se la transizione dall’alto è un fallimento annunciato, vogliamo sperimentare le pratiche collettive per guardare all’urbano come allo spazio comune nel quale agire ecologie. Forestare non un parco, ma l’intera città; desigillare non un interstizio, ma ogni luogo nel quale l’asfalto è un’inutile permeabilizzazione del suolo.  Eppure, da qualche parte bisogna partire, e collettivamente abbiamo indicato l’area dell’ormai ex Ippodromo; un grande spazio urbano in un quartiere ricco di attivismi e contraddizioni, che nelle prossime settimane si libererà – perché la concessione è in scadenza – e che può essere il terreno nel quale iniziare a sperimentare, mettere in pratica, contaminare. La produzione di un altro spazio urbano, di uno spazio socialmente differente, richiede infatti altre concettualizzazioni e altri immaginari, da costruire all’interno di altre pratiche spaziali: quello dell’ex Ippodromo può rappresentare quindi un interstizio simbolico di quel che le transizioni dal basso possono produrre nei nostri quartieri, a partire dalle pratiche e dalle loro capacità di costruire immaginari, azioni, relazioni. 

A Bologna lo spazio pubblico è da tempo spazio di contesa, e grandi parti del nostro territorio continuano a essere abbandonate e soggette agli appetiti della speculazione: pensiamo alle aree delle ex caserme, ai Prati di Caprara, all’ex CRB, per citare solo alcuni esempi. Anche qui, la transizione dall’alto si è rivelata al massimo come un faldone di belle promesse. Eppure, il presente fatto di alluvioni, siccità e ondate di calore non può rappresentare il nostro futuro, e la città dei prossimi anni non può diventare una rovente piattaforma di cemento e asfalto nel quale (soprav)vive soltanto chi ha i mezzi economici per farlo. Costruire la foresta delle ecologie urbane significa progettare una visione socialmente integrata dello spazio urbano: un ecosistema altro, capace di rimettere al centro la biodiversità sociale del nostro tessuto collettivo e la sua capacità di (ri)generare commons urbani. Una visione che ha bisogno di pratiche, sperimentazioni, test; che ha bisogno di spazi. 

Insomma, è per questo, per altro, per tutto, che saremo Climate Pride. Perché sono tempi di conflitti armati e genocidi. Alluvioni e catastrofi ecologiche. Guerre economiche, diseguaglianze crescenti e spinte autoritarie. Abbiamo bisogno di altrove possibili, pratiche collettive, modi altri di costruire quotidianità. Se non ora, quando? Costruiamo ecologie urbane, riprendiamoci le città: sabato 12 aprile, ore 15:00, Parco della Montagnola, Bologna.