Ma poi, chi ci guadagna dall’allargamento del passante autostradale bolognese? Amministratori locali e regionali, lobbies economiche e chi gestisce i pedaggi autostradali hanno una risposta univoca: l’automobilista, e in particolare colei o colui che, per ragioni personali e di lavoro, è costretta/o a percorrere frequentemente un tragitto in automobile.
Le nuove corsie d’asfalto, infatti, sarebbero realizzate per favorire lo scorrimento dei veicoli e diminuire il tempo perso da migliaia di pendolari in interminabili code. Detta così, sembrerebbe non fare una piega.
Invece, esclusi coloro che vivono intorno all’asse stradale, chi ha maggiormente da rimetterci dal progetto di allargamento del passante è la/il pendolare. Dice: ma come è possibile? La risposta, in realtà, è abbastanza banale.
Per alcuni decenni ci siamo illuse/i che l’automobile fosse uno dei simboli della nostra libertà e del nostro benessere; abbagliati da questa convinzione, oggi facciamo fatica a vedere che essa rappresenta una costrizione (che qualcuno ci ha imposto, tra l’altro). Ci ruba tempo e vita, inquina i luoghi che viviamo e occupa spazi che, fino a mezzo secolo fa, erano dedicati alla nostra socialità e a quella dei nostri figli.
Chi ha avuto la fortuna di sperimentare uno stile di vita nel quale l’auto, pur restando un veicolo utile in alcune circostanze, non è un mezzo indispensabile per vivere e lavorare, sa che quella delle quattro ruote è una piccola prigione individuale, e che non utilizzare quel quotidianamente un’automobile è uno dei fattori che può far migliorare nettamente la propria qualità della vita. E – attenzione – vivere senza guidare ogni giorno un’auto non è necessariamente una scelta elitaria: milioni di cittadini in molte grandi città europee hanno potuto fare questa scelta. Certo: servono infrastrutture, servizi, e un approccio culturale diverso.
Ed è per questo che voler allargare il passante autostradale di Bologna non è soltanto una scelta contro le prossime generazioni: è anche contro coloro che oggi sono costrette/i a spostarsi quotidianamente in automobile e a incolonnarsi nel traffico, perdendo ore della propria vita seduti al volante. Lo è per ovvie ragioni: la prima è che si allarga un’autostrada perché si vuol vedere crescere il traffico di mezzi pesanti e automobili su quella tratta: perché, diversamente, investirci dei soldi? Da questo punto di vista, la scelta rappresenta una vera e propria beffa: nel momento in cui il mondo inizia a interrogarsi su come, di fronte ai cambiamenti climatici, modificare radicalmente il modo in cui si muovono persone e cose, noi spendiamo i nostri soldi – perché mica ce lo regala qualcuno, l’asfalto – per un’opera frutto del secolo precedente.
La seconda è che, essendo le risorse limitate, se si investono grandi cifre per un’autostrada, quelle stesse risorse non saranno spese per realizzare trasporti pubblici efficienti e percorsi ciclabili sicuri e veloci. Ed è questa la vera condanna che le/gli automobilisti si trovano a dover affrontare: stare in coda, sapendo che saranno costretti a continuare a farlo, e che non potranno beneficiare di un’alternativa a cui hanno diritto. Quell’alternativa passa per il trasporto pubblico e la mobilità dolce, soluzioni che, laddove implementate attraverso infrastrutture, grandi investimenti e una chiara scelta politica di disincentivare l’uso dell’auto, hanno via via migliorato la qualità della vita di milioni di famiglie. Invece, su questa alternativa continuiamo a investire quel che avanza di un bilancio nella quale le infrastrutture dedicate al trasporto su gomma continuano a farla da padrone.
L’allargamento del passante autostradale non è devastante soltanto per l’ambiente e in contraddizione con l’urgente transizione climatica necessaria per garantire alle prossime generazioni un Pianeta vivibile. E’ una scelta irragionevole e irrazionale anche nei confronti di chi, oggi, è costretta/o a percorrere ogni giorno quel tratto di strada: vogliamo davvero continuare a dedicare una parte della nostra vita a stare seduti al volante? Le alternative ci sono, e milioni di persone ne stanno godendo in altre città del mondo, ma c’è chi ha più interesse ad asfaltare un altro po’ di territorio che a offrire alle/ai pendolari la possibilità di spostarsi diversamente.
Quindi, chi ci guadagna davvero dall’allargamento del passante autostradale?