In questi giorni, l’amministrazione comunale ha annunciato nuovi investimenti per la realizzazione di oltre 40 km di nuovi percorsi ciclabili. Procedere nella realizzazione di quanto previsto dal Biciplan e affermare – come ha fatto l’assessore Orioli – che la bicicletta ha pieno diritto, al pari degli altri mezzi di trasporto, di stare in strada, è un passo significativo. D’altra parte, però, per promuovere una maggiore ‘democrazia dello spazio pubblico’ non è sufficiente investire su corsie ciclabili e riconoscere la dignità del mezzo a due ruote: bisogna anche diminuire il numero di automobili presenti nella nostra città.
Ad Amsterdam, per esempio, ogni anno l’amministrazione comunale riduce i parcheggi disponibili, mentre in molte altre città europee crescono le aree in cui le automobili sono escluse. Nella nostra città, invece, il numero di auto non diminuisce e, in molte zone della città, esiste un’accettazione implicita del parcheggio in doppia fila. Questo, nonostante le parole dell’assessore Orioli, che ha recentemente riconosciuto che il problema esiste; ma è evidente che, se non calano le auto in circolazione, continuerà a esserci fame di parcheggi, e il conflitto tra diversi utenti della strada si esaspererà sempre più.
Non basta dire che in strada dobbiamo imparare a rispettarci per avviare una politica diversa sulla mobilità cittadina. Il senso civico è certamente una parte importante nella qualità della vita di un’area urbana, ma il compito di un’amministrazione comunale non è stilare il decalogo del bravo cittadino, ma quello di fare scelte politiche attive capaci di affermare un cambiamento. E allora, perché una Giunta a inizio mandato non ha il coraggio, anche alla luce della grave emergenza legata allo smog, di limitare da subito il traffico, di avviare un piano per la progressiva diminuzione del numero di parcheggi disponibili e la contestuale crescita della mobilità dolce, e di far rispettare le corsie ciclabili già esistenti e gli spazi che già oggi dovrebbero essere dedicati alla mobilità dolce?
Le corsie ciclabili, in particolare, hanno un’evidente significato metaforico, perché per dimostrare di averle a cuore non sono necessari grandi investimenti o progettazioni, ma forti indirizzi politici; speriamo nella smentita dei fatti, ma in questi primi mesi della nuova amministrazione comunale di cambiamenti non se ne sono visti, e questi spazi sono ogni giorno ostaggio di auto che, non trovando altro posto, sostano in doppia fila.
Non si tratta semplicemente di rispondere al bisogno di sicurezza espresso da tante e tanti bolognesi che ogni giorno attraversano la città sulle due ruote per raggiungere il proprio luogo di lavoro, fare la spesa o incontrare le amiche e gli amici. In una città assediata dallo smog e con lo spazio pubblico occupato prevalentemente dalle auto in transito e in sosta, favorire la mobilità dolce significa da una parte tutelare la salute delle/degli abitanti, dall’altra migliorare la qualità della vita nei quartieri e nelle strade. Nel pieno dell’emergenza climatica, poi, ridurre drasticamente il traffico è una delle azioni indispensabili per dare il proprio contributo alla sfida planetaria posta dal riscaldamento globale.
Siamo consapevoli che pochi mesi non sono sufficienti per raggiungere obiettivi così ambiziosi: ridefinire la mobilità cittadina significa creare progetti, impegnare risorse, realizzare nuove infrastrutture. Tuttavia, se il buongiorno si vede dal mattino, la gestione delle corsie ciclabili ereditate dalla precedente amministrazione non promette scelte rivoluzionarie, perché finora tutto è come prima.
Vorremmo iniziare a vedere delle scelte che indicano delle priorità: e se la mobilità dolce fosse la priorità dell’amministrazione comunale, quest’ultima dovrebbe spendersi per difendere ogni metro quadro dedicato ai mezzi a due ruote. Servono azioni politiche, amministrative e culturali capaci di far condividere il valore e l’importanza di quegli spazi.
Nella ‘città più progressista d’Italia’, la democrazia dello spazio pubblico ci pare un aspetto importante. Ci aspettiamo un’area urbana nella quale pedonalità e ciclabilità siano un diritto per tante e tanti, e invece queste possibilità continuano a essere un lusso per poche/i e un’avventura quotidiana per altre/i. Cambiare il modo in cui decine di migliaia di bolognesi si spostano ogni giorno è una sfida necessaria per affrontare inquinamento e cambiamenti climatici: se serve tempo per realizzare le infrastrutture necessarie, tutelare quelle esistenti dovrebbe essere un impegno quotidiano. Ma, nella ‘Motor Valley’ decantata da istituzioni locali e regionali, c’è davvero lo spazio politico per dare alle/ai bolognesi un’alternativa all’automobile?