Mentre le pianure venivano travolte dai fiumi in piena, sull’Appennino centinaia di frane modificavano per sempre il paesaggio, interrompendo strade e dividendo frazioni. Dall’alluvione di maggio, tante sono ancora le emergenze del territorio montano, e all’urgenza di ripristinare la quotidianità si affianca quella di ripensare il territorio e la sua sicurezza idraulica. Crisi climatica e dissesto idrogeologico hanno fatto emergere i tanti limiti di un sistema che cementifica per produrre profitti, e dimentica di curare i luoghi che viviamo.
A Luminasio (frazione di Marzabotto), come in tanti altri luoghi dell’Appennino e della Romagna, le piogge di maggio hanno modificato il paesaggio e, con esso, la vita di coloro che vivono quei crinali. Le frane hanno diviso in due la frazione, isolando una zona abitata da circa 50 persone, tra cui anziani e bambini. Le/gli abitanti hanno costruito fin da subito percorsi collettivi di solidarietà, come era già successo durante la pandemia, portando aiuto alle famiglie isolate, e lavorando per favorire una rapida soluzione della situazione, che però a tutt’ora appare lontana dall’avverarsi a causa dell’assenza di risorse adeguate a ripristinare i collegamenti stradali e mettere in sicurezza il territorio. A oggi, quindi, l’emergenza è ben distante dall’essere superata, mentre mettere in sicurezza il territorio non può che significare ripensare alla radice il nostro rapporto ecologico con i luoghi che viviamo, partendo dalle evidenze legate alla crisi climatica e facendo tesoro delle drammatiche esperienze di questi mesi per (ri)pensare il nostro rapporto con l’ecosistema naturale.
Luminasio è una frazione suddivisa in vari borghi collegati da una rete di sentieri antichi, che rivelano quanto forti erano i legami della comunità. Nella seconda metà del Novecento, l’abbandono delle terre per la città è stato seguito, negli ultimi decenni, da un ripopolamento, con l’arrivo di nuovi abitanti che hanno recuperato case e giardini, ma non la memoria storica del territorio. La mancanza di una conoscenza profonda dei corsi d’acqua, dei fossi di scolo e raccolta acqua, della manutenzione e pulizia del bosco ha permesso a fenomeni atmosferici che, complice la crisi climatica, si fanno sempre più estremi e frequenti, di fare molti più danni di quanto fosse successo se la montagna fosse stata vissuta in modo più partecipato. La pandemia prima, e l’alluvione poi, hanno rinsaldato i legami locali, spingendo tante/i abitanti a riscoprire il territorio che vivono, e a immaginare soluzioni capaci di affrontare le sfide di quella che il segretario delle Nazioni Unite ha definito “l’era dell’ebollizione”.
In queste settimane, a Luminasio nascono nuove (rel)azioni. Tra le/gli abitanti della contrada, e coloro che, in città a Bologna, in questi mesi si sono attivati per prestare soccorso e rivendicare un domani in cui tutto sia diverso da prima. Bisogni immediati e riflessioni sul futuro si sono intrecciate, abbozzando suggestioni di percorsi collettivi capaci di (ri)connottere città e montagna: insieme, vogliamo provare a costruire un esperimento di (ri)costruzione sociale capace di far convergere le/gli abitanti, coloro che dopo l’alluvione hanno spalato il fango immaginando una ricostruzione all’altezza della crisi climatica, ricercatrici, ricercatori, professioniste/i.
Lo faremo utilizzando i contributi economici raccolti in questi mesi attraverso il crowdfunding e organizzando nuovi eventi di raccolta fondi, e con due primi appuntamenti in programma a settembre:
- Domenica 17 settembre, ore 9:00, Luminasio: trekking esplorativo nel territorio della frazione, e pranzo sociale
- Dal 22 al 24 settembre, Bologna: (fe)Stivale – second edition (programma in via di definizione)