Esiste una vasta letteratura scientifica che evidenzia come le azioni per contrastare il cambiamento climatico spesso accentuino le diseguaglianze esistenti e ne creino di nuove. Bologna, evidentemente, ha deciso di candidarsi a caso studio per queste ricerche: aumentare del 53% il costo dei biglietti per una corsa singola del trasporto pubblico – da 1,5 a 2,3 euro – sembra infatti essere un caso scuola. Lo stesso vale per il costo dei i citypass da 10 corse, uno strumento che consente spostamenti relativamente economici anche a chi non può muoversi frequentemente – come ad esempio le persone anziane – o a chi rinuncia alla bicicletta in caso di pioggia. Il loro aumento è del 36%.
Il ricarico avviene anche in forma di sberleffo. Si afferma infatti che l’aumento delle tariffe del trasporto pubblico locale contribuirà alla creazione di un fondo per contrastare le conseguenze del riscaldamento globale sulla nostra città. In questo modo si fanno pagare le politiche climatiche in maniera enormemente diseguale a chi ha meno. Perché il trasporto pubblico rappresenta – anche – la possibilità di muoversi per tutte coloro che non possono permettersi un’auto.
Noi pensiamo che chi vive la città – non solo chi vi risiede, ma anche chi vi studia e chi vi lavora – dovrebbe godere del trasporto pubblico gratuitamente. Perché potersi muovere nello spazio urbano e viverne la quotidianità – non solo per raggiungere il posto di lavoro, ma anche la biblioteca, il teatro, il cinema, lo spazio sociale – è un diritto. Non è, soltanto, una questione ambientale, anche se è evidente che il rafforzamento della mobilità dolce e del trasporto pubblico avrebbe enormi benefici sulla qualità dell’aria e sulla nostra salute; stiamo parlando di rendere – o meno – la città uno spazio collettivo, fruibile, attraversato. In questo senso, il trasporto pubblico locale dovrebbe rappresentare un’infrastruttura sociale, capace di garantire il diritto alla città. Di cui bisognerebbe farsene carico collettivamente, poggiando la parte maggioritaria del costo economico su chi ha di più. È o non è questa una definizione di giustizia sociale e climatica?
Invece, il trasporto pubblico locale viene gestito come un servizio commerciale, interpretato in una logica puramente mercantile dell’acquistare il titolo di viaggio. Non vi sono dubbi sul fatto che tale infrastruttura abbia un costo economico. E che il governo abbia tagliato il fondo per il trasporto pubblico locale. Ma Bologna ha dato al governo un vero e proprio ultimatum per lo stanziamento delle risorse – 3 miliardi di euro: quanto trasporto pubblico si garantirebbe con queste cifre? – per l’allargamento dell’autostrada che attraversa la città; dove è finita tutta questa determinazione, quando si tratta di parlare di trasporto pubblico locale?
A dicembre, la stampa locale riportava che la tassa di soggiorno garantisce entrate pari a 14 milioni di euro. Risorse che dovrebbero essere investite per garantire la qualità della vita a Bologna, messa a dura prova dalla sua turistificazione: case popolari, trasporti pubblici, infrastrutture ecologiche dovrebbero essere la destinazione naturale di queste risorse. Invece, mentre miliardi di euro sono in ballo per potenziare la mobilità privata su gomma, Bologna – dopo aver visto un vertiginoso aumento del costo della vita – ottiene un nuovo record: quella di città con il trasporto pubblico più caro d’Italia.