Il calendario ha voluto che il Global Climate Strike (3 marzo) e lo sciopero trans-femminista (8 marzo), fossero l’uno a pochi giorni dall’altro, ma la settimana di mobilitazioni nella quale stiamo entrando non è il frutto di una coincidenza. Come ha dimostrato l’iniziativa di venerdì 27 febbraio su Ponte Matteotti a Bologna, rivendicazioni ecologiste e trans-femministe hanno molti nessi da cui muovere per costruire riflessioni e percorsi comuni.
In queste settimane, del resto, questa convergenza si è concretizzata in assemblee comuni in tante città, tra le quali Bologna. Non è, quindi, il risultato episodico di esperienze particolari, ma il frutto di processi di riflessione che muovono dalla consapevolezza che i nodi da sciogliere sono composti dagli stessi fili: patriarcato, guerra, crisi climatica sono tra le tante facce con cui il sistema economico e sociale nel quale viviamo presenta il proprio conto salato. Una consapevolezza che avevamo già visto sfilare lo scorso 22 ottobre quando, dietro lo striscione ‘Fine del mese, fine del mondo: stessa lotta’, decine di migliaia di persone invasero in corteo il Passante di Bologna.
Quell’esperienza collettiva ha evidenziato la potenza del convergere, non solo e non tanto per la capacità di portare in piazza tante persone, ma soprattutto per l’opportunità di intessere relazioni e, con esse, saperi, punti di vista, rivendicazioni; per la possibilità di vedere con una molteplicità di sguardi la quotidianità, costruire e decostruire complessità, mettere in discussione e arricchire punti di vista. Una dimensione che, in un mondo attraversato dall’ennesima guerra lacerante, contribuisce ad ancorare alcuni ragionamenti in un mare che appare perennemente in tempesta.
Ed è proprio sul tema della guerra che, in queste settimane, ha preso forza una riflessione comune e collettiva verso le scadenze del 3 e l’8 marzo. Non solo perché la guerra, con il suo drammatico conto quotidiano di vittime, ci impone l’urgenza di cercare forme di opposizione al conflitto e alla militarizzazione crescente delle nostre vite. La guerra impone una cappa di silenzio sulle nostre lotte, che pure continuano a vivere l’urgenza di essere praticate, ed è uno strumento per restringere diritti e spazi di libertà, precarizzare le nostre vite, rinforzare visioni patriarcali delle relazioni, investire ancora su quelle fonti fossili che sono causa del riscaldamento globale. È, in altre parole, parte di un sistema che, basandosi sulla diseguaglianza, sulla violenza, sul depauperamento delle risorse del Pianeta e sulla devastazione ambientale, continua a garantire profitti inaccettabili per pochi scaricandone i costi economici, sociali e ambientali su tante/i.
Quel sistema economico e sociale che provoca la crisi climatica – e che non ha alcuna intenzione di rinunciare ai propri facili guadagni per affrontarla – è lo stesso che legittima il patriarcato, lo sfruttamento del lavoro, il razzismo e l’egoismo verso le/i migranti, che si arricchisce sul riarmo, che fa crescere il fatturato grazie alla crisi energetica. Costruire convergenze, contrabbandare riflessioni complessive per mettere in discussione un sistema che ci presentano come l’unico possibile, coltivare l’utopia dell’altrove possibile, è il modo con cui vogliamo immaginare la giustizia climatica. Per questo, per altro, per tutto, saremo in piazza il 3 e l’8 marzo.
A Bologna, ci vediamo:
- il 3 marzo alle 9.00 a Piazza San Francesco
- l’8 marzo alle 17.00 a Piazza XX Settembre